“Sono qui per proclamare che sta per aprirsi una nuova epoca in America latina”. Così comincia il comizio del presidente degli Stati Uniti a Miami. Da lì Donald Trump lancia un ultimatum alle forze armate di Caracas e soprattutto ai loro capi: “Perderanno tutto”, se rimangono fedeli al presidente Nicolas Maduro.
Nel frattempo gli aiuti umanitari, che l’Amministrazione Trump continua a spedire in Colombia, restano bloccati alla frontiera. Così quegli aiuti continuano ad accumularsi, ma non riescono a raggiungere la popolazione. Per Washington, come per molti altri governi che non riconoscono la legittimità di Maduro, quel confine chiuso con la forza è il simbolo di chi preferisce affamare la propria popolazione anziché riconoscere l’emergenza umanitaria in un paese che detiene le più ampie riserve petrolifere al mondo.
Il tempo stringe. Sabato 23 febbraio scade l’ultimatum, lanciato sia dal governo Usa sia dal leader dell’opposizione Guaidò, perché il confine sia riaperto e gli aiuti possano raggiungere chi ne ha bisogno. Sono ormai una cinquantina i governi mondiali che si allineano con Washington e con Guaidò. E come immediata risposta a Trump, il presidente del Venezuela ha annunciato che presto arriveranno nel Paese 300 tonnellate di aiuti umanitari provenienti dalla Russia.