In molti avevano preconizzato che presto sarebbe arrivato al capolinea. Invece è ancora lì. Nicolás Maduro si è tolto la soddisfazione di smentirli tutti. Eppure il Venezuela ha dovuto affrontare una delle peggiori recessioni nella storia del paese.
Durante il suo governo l’economia del paese sudamericano si è contratta del 75%. Sei milioni di persone hanno lasciato il Venezuela, più di un quinto della popolazione. Nei sondaggi la sua popolarità non supera il 15%.
Con Maduro al potere le forze armate hanno assunto il controllo dell’estrazione dell’oro e dei diamanti. L’industria petrolifera venezuelana non è più redditizia come in passato, a causa delle sanzioni e della cattiva gestione.
Qualcuno riteneva che distruggendo l’economia Maduro avrebbe scatenato (involontariamente) una rivolta, ma così non è stato. I venezuelani più delusi e intraprendenti sono emigrati. Quelli che sono rimasti sono diventati sempre più dipendenti dallo Stato. Se si ribellassero, potrebbero soffrire la fame.
Forse la mossa più sorprendente di Maduro è stata la sua autorizzazione all’uso del dollaro statunitense. Dopo aver denunciato in passato la valuta come uno strumento imperialista, oggi “ringrazia dio” della sua esistenza.
La svolta è arrivata nel 2019, durante un’interruzione di corrente elettrica di sei giorni che ha reso impossibili i pagamenti elettronici. I commercianti sono stati costretti ad accettare i dollari, tecnicamente violando la legge.
Da allora il governo ha abbandonato il controllo dei prezzi e il tasso fisso, spalancando le porte ai dollari. A giugno circa il 70% delle transazioni era effettuato con valuta statunitense. Un approccio che ha ridotto l’inflazione annuale da 2.000.000% del 2019 a meno del 2.000%. Per Maduro è un successo.