Un attacco russo alla Nato è possibile, fra 5 anni, forse 8. A parlare così è il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. Mosca nel frattempo minaccia sempre più paesi baltici e Moldavia, e il capo del comitato militare Nato, Rob Bauer, evoca la necessità di una warfighting transformation dell’Alleanza. Il vertice militare svedese invita i cittadini a “prepararsi mentalmente per la guerra”.
Non è tutto qui. Il ministro degli Esteri lituano dichiara che “non esiste uno scenario in cui l’Ucraina non vince la guerra e le cose finiscono bene per l’Europa”, mentre la leadership polacca, che già destina alla difesa il 4 per cento del proprio Pil, sottolinea come a questo punto nessuno scenario possa essere escluso.
Cosa sta succedendo in Europa? Dopo anni di pressioni americane, i primi segni di inversione di tendenza nella spesa militare arrivano una decina di anni fa. Dal 2019 a oggi la spesa militare nel continente è cresciuta del 25-30 per cento, suggerendo che il soggetto politico continentale (l’Ue), nato su un’ipotesi di pace costruita sulle macerie della seconda guerra mondiale, è nel mezzo di un passaggio epocale.
Oggi l’Europa si trova coinvolta in un contesto di crescenti rivalità geopolitiche: al suo centro la Germania, tecnicamente in recessione; intanto, alla sua periferia, il vicinato baltico è diventato un anello di fuoco.
Lo stesso ordine internazionale che conosciamo è sfidato, senza che siano chiari i contorni di ciò che ci aspetta. Il dato storico suggerisce che le guerre che si protraggono tendono a espandersi, ovvero a coinvolgere i vicini, in questo caso noi.
Proiettando sul futuro le dinamiche in corso, nuovi scenari di guerra non sembrano implausibili. Del resto Usa e Germania stanno frenando sull’adesione dell’Ucraina alla Nato, ritenendola pericolosa.