Amici o nemici? Una critica spesso rivolta a Donald Trump è che molti suoi elettori pagheranno le conseguenza delle politiche attuate dal governo, a partire dalle distorsioni della riforma fiscale che favorirà i ricchi.
E allora perché le persone voterebbero contro i loro interessi economici? Il motivo potrebbe essere ricercato nella crescente divisione culturale all’interno della politica statunitense: i conflitti culturali stanno superando quelli di classe. Oppure può anche essere causato dalla convinzione che le scelte dei politici non faranno in ogni caso una grande differenza dal punto di vista economico.
I ricchi elettori democratici sostengono l’aumento della tassazione per una migliore redistribuzione della ricchezza, mentre quelli repubblicani non sono molto favorevoli all'aumento delle spese per il Medicare (il programma di assistenza sanitaria) e la sicurezza sociale, anche se molti di loro probabilmente ne avranno bisogno. Nel 2017 solo il 35% dei sostenitori repubblicani ha dichiarato di appoggiare l'aumento delle spese per Medicare, rispetto al 61% dei democratici. Eppure nel 2016, il 53% di quelli di età compresa tra 71 e 88 anni è stato “identificato” come repubblicano rispetto al 36% di quelli di età compresa tra 18-35. E sono gli anziani che beneficiano maggiormente di tali trasferimenti: nel 2013, ad esempio, il governo ha destinato il 73% della spesa sanitaria verso coloro con un’età superiore a 65 anni rispetto al 27% per tutti gli altri.
Questa disconnessione tra interessi economico-finanziari personali e orientamento politico può essere parzialmente spiegata dal fatto che, sempre di più, alcuni aspetti contino più del denaro quando si tratta di affiliazione politica. Secondo il sondaggio Gallup, la quota di americani che ritengono il divario tra ricchi e poveri come il problema più importante degli Stati Uniti è pari al 2%. Una percentuale ben inferiore a coloro che indicano l'immigrazione (11%) o la questione razziale (7%).
Un'altra ragione per votare contro il proprio interesse economico è la convinzione che Washington non attuerà con successo politiche economiche, buone o cattive che siano. I sondaggi del Pew suggeriscono che la proporzione di persone convinte che il governo possa prendere le decisioni giuste (soprattutto nell’economia) "quasi sempre" o "la maggior parte delle volte" è pari al 18%. E la sfiducia è bipartisan: 15% tra i democratici e il 22% tra i repubblicani. La politica diventa faziosa e meno connessa alla crudezza dei risultati economici.