Chicago, la terza città più popolosa degli Stati Uniti, ha eletto il suo primo sindaco donna afroamericana e apertamente omosessuale. La democratica Lori Lightfoot, che ha sconfitto Toni Preckwinkle, pure lei afroamericana e dello stesso partito, eredita una città schiacciata da un debito pensionistico di 28 miliardi di dollari, una popolazione in calo e un tasso di omicidi che supera quello di New York e Los Angeles.
L’aspetto più interessante dell’elezione di Lightfoot, tuttavia, non è il colore della sua pelle tantomeno le proprie scelte private, ma un altro: segnala che a vincere sono ora gli outsiders. La donna che siederà sullo scranno più alto dell’amministrazione di una delle più importanti città statunitensi fino a qualche mese fa aveva poco a che fare con la politica.
Ecco allora che emerge un fatto nuovo: smettere di ascoltare le esigenze dei “penultimi” ha aperto la strada al populismo, ma anche al ritorno di alcune istanze vacamente socialiste. Come già dimostrato dalle presidenziali del 2016, gli elettori statunitensi si fidano sempre meno della classe dirigente del passato. Specie a sinistra, come ha confermato la sconfitta alle presidenziali di Hillay Clinton, mentre Lightfoot appare una declinazione di tale cambiamento.