Abdel Fattah Al-Sisi ha vinto le elezioni presidenziali con il 97% dei voti e ha messo così in cassaforte un altro mandato di quattro anni.
Ma è stata una partita senza avversari. Quelli che avevano una chance, almeno sei candidati, sono stati arrestati o processati. La Commissione elettorale egiziana ha dichiarato che l’affluenza ha raggiunto il 41,5%, inferiore al 47% rilevato nelle elezioni del 2014.
L’unico avversario che ha corso contro Al-Sisi è stato il semi sconosciuto Mousa Mostafa Mousa. Probabilmente il giocatore egiziano di calcio in forza al Liverpool, Mohamed Salah, avrebbe ottenuto il doppio delle preferenze attribuite a Mousa. Le elezioni sono state una barzelletta: è l’opinione di Sarah Yerkes del Carnegie Endowment for International Peace con sede a Washington.
Il primo mandato di Al-Sisi in carica è stato caratterizzato da promesse non mantenute. Il terrorismo non è stato eradicato e l’economia è peggiorata anziché migliorare.
In realtà i Paesi del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, hanno pompato miliardi di dollari di investimenti in Egitto quando Al-Sisi ha preso il potere, ma non ha alleviato la crisi economica egiziana afflitta da un’inefficace pianificazione, dal clientelismo e dall’esplosione demografica. E la soluzione non verrà neanche dalle politiche prescritte in questi casi dall’Fmi.