Dopo città del calibro di Parigi e Amburgo, anche Milano ha deciso. Dal 21 gennaio 2019 i veicoli diesel euro 0, 1, 2 e 3 non potranno più entrare in città. Nel mese di ottobre il blocco sarà esteso ai veicoli euro 4 e, poi, toccherà agli euro 5. È un provvedimento inevitabile?
La principale preoccupazione legata all’uso di veicoli a gasolio è quella relativa alle emissioni di ossidi di azoto, la cui concentrazione media registrata nelle stazioni della metropolitana milanese è passata dai 120 microgrammi/m3 del 1990 a poco più di 40 nel 2016. Un netto miglioramento destinato a consolidarsi negli anni futuri grazie a un’ulteriore diminuzione delle emissioni, ottenuta dal rinnovo del parco dei mezzi in circolazione. Sembra, pertanto, difficile scorgere motivazioni di necessità e urgenza che possano giustificare la limitazione adottata a Milano.
In base alle stime dell'Ue, il costo esterno per chilometro percorso correlato alle emissioni reali di tutti gli inquinanti atmosferici è compreso tra i 9,9 centesimi di euro per un'auto diesel euro 0 (3,6 per una a benzina) e i 0,7 centesimi per una euro 6 (0,4 per quella a benzina).
Inoltre, rispetto all’approccio milanese, risulta semmai preferibile quello adottato nella città di Londra: nessun divieto, ma un prezzo da pagare per accedere alla “ultra low emission zone” pari a 12,50 sterline al giorno. Il costo di ingresso non è “equo”, ma coloro che vogliono entrare nella zona interdetta possono farlo senza essere costretti ad acquistare una nuova auto.
Il pedaggio per l’utilizzo delle auto nelle zone urbane sarebbe giustificato anche da un altro problema: la congestione, il cui costo non internalizzato può superare nelle maggiori aree metropolitane i 2 euro per chilometro percorso. Qualche microgrammo in più o in meno di biossido di azoto non incide pesantemente sulla speranza di vita, ma, nell’arco di un’esistenza, l’eccesso di congestione può "rubarci" alcuni mesi.