Allevamenti intensivi e agricoltura stanno consumando una volta e mezza le risorse naturali dei terreni agricoli italiani e i primi da soli richiedono il 39% delle risorse agricole italiane solo per compensare le emissioni di gas serra derivate da deiezioni e fermentazione enterica degli animali allevati. Lo rivela uno studio condotto da ricercatori dell’Università degli Studi della Tuscia.
“In Italia agricoltura e zootecnia sono nel loro insieme insostenibili - spiega Silvio Franco (Università della Tuscia e autore dello studio) - e creano un deficit fra domanda e offerta di risorse naturali”.
L’indicatore utilizzato - spiega Greenpeace in un comunicato - è l'impronta ecologica, che stima l’impatto di un dato settore in rapporto alla capacità del territorio (biocapacità) di fornire le risorse necessarie e assorbire i rifiuti o le emissioni prodotte.
Più della metà dell’impronta ecologica del settore zootecnico dipende dalle regioni del Bacino Padano e quello della Lombardia contribuisce da solo per oltre un quarto all’impatto nazionale e sta divorando il 140% della biocapacità regionale. La Lombardia dovrebbe avere una superficie agricola di quasi una volta e mezzo quella attuale per compensare le sole emissioni degli animali allevati sul suo territorio.
L’elevata densità di capi in un territorio con limitata bioproduttività è una condizione che si ritrova anche in altre regioni padane: Veneto (64%), Piemonte (56%), Emilia-Romagna (44%). A sud, prima per percentuale di impatto è la Campania (52%).