Circola per il globo, soprattutto tra Stati Uniti e Gran Bretagna, una teoria dai possibili effetti dirompenti se applicata davvero da una qualche porzione dell'umanità. "Se metti al mondo un bimbo aumenterai il riscaldamento globale. Non farlo e dimostrerai di essere sensibile alla salute del pianeta". È una campagna di iper-ambientalismo che attraversa blog, giornali, tv, in particolare americani e a seguire britannici.
La rivista Nation ci va giù dura: “come fai a decidere di avere un bambino quando il cambio climatico sta ridisegnando la vita sul pianeta?”. Un interrogativo ormai emerso sulle testate di primo livello, come il New York Times e il Guardian. Quest'ultimo, con un titolo secco, scodella non solo la parte teorica ma anche le conseguenti norme di comportamento: “vuoi contrastare il cambiamento climatico? Fai meno figli”. Articoli ed editoriali che spiegano il fenomeno dei bambini scalda-atmosfera.
Si calcola che ogni anno un essere umano produce, con la massa di beni e servizi di cui si avvale, 15 tonnellate all'anno di CO2 (calcolo prudente, per altri studi sarebbero 20). In ipotetici 90 anni di vita significano 1.350 tonnellate di anidride carbonica. Un'enorme emissione nociva, di cui sono – sarebbero - colpevoli, ciascuno per metà, entrambi i genitori.
Non è tutto qui. Perché, la logica del meccanismo prosegue e ogni genitore diventa responsabile anche di un quarto delle emissioni prodotte in vita da ciascun nipote, di un ottavo di quelle dei bis-nipoti e così via. Una logica inesorabile che porta a distorsioni paradossali, come quella che un nostro antenato preistorico è colpevole di una quantità di inquinamento infinitamente superiore, per esempio, di un miliardario che si muove in jet personale.
Una teoria, quella del “meno figli = meno smog”, che pecca di meccanicismo e che si basa su presupposti sbagliati. E sopratutto intacca una delle gioie più grandi che la vita può offrire, e cioè, avere un figlio.