Piante, animali e microrganismiche lavorano per mantenere fertili i terreni e purificare aria e acqua. È in una parola la biodiversità, ma sta diminuendo. A lanciare l’allarme è un recente Rapporto Fao, secondo cui il 24% di quasi 4.000 specie di cibo selvatico - principalmente piante, pesci e mammiferi – si sta riducendo in 91 Paesi, mettendo a rischio "il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell'ambiente". Un grido d'allarme, quello lanciato dalla FAO, che denuncia anche l'aumento di stock ittici sovra-sfruttati.
Cosa ancora più grave, "una volta perduta - avverte il Rapporto - la biodiversità alimentare e agricola non può essere recuperata". Delle circa 6.000 specie di piante coltivate per il cibo, meno di 200 contribuiscono in modo rilevante alla produzione alimentare globale e solo nove rappresentano il 66% del totale. La produzione mondiale di bestiame si basa su circa 40 specie animali: un piccolo gruppo fornisce la stragrande maggioranza di carne, latte e uova. E delle 7.745 razze di bestiame locali, il 26% è a rischio d'estinzione. Quasi un terzo degli stock ittici è sovra-sfruttato e più della metà ha raggiunto il limite sostenibile. Ecco perché "la biodiversità è fondamentale per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale. Dobbiamo usarla in modo sostenibile, per rispondere meglio alle crescenti sfide del cambiamento climatico e produrre cibo senza danneggiare l'ambiente", ha spiegato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva.
Tutto ciò, tuttavia, diventa una “mission impossible”se il mondo si affida a un numero sempre più ridotto di prodotti alimentari per nutrire una popolazione in crescita che dovrebbe raggiungere circa 10 miliardi di persone entro il 2050. E una lezione del passato dovrebbe tornare alla memoria: la carestia irlandese degli anni '40. All’epoca i contadini dell’isola stavano diventando sempre più dipendenti dalla patata come principale fonte di sostentamento, quando una malattia causata da un fungo distrusse il raccolto del tubero per diversi anni consecutivi. La conseguenza fu la morte di un milione di persone per fame e malattie.
Occorre, dunque, invertire rotta, ma il rapporto elenca anche alcune buone pratiche, a dimostrazione che il cambiamento è possibile. In Argentina sono stati creati abbastanza orti domestici, scolastici e comunitari (più di 570.000), che forniscono cibo a circa 2,8 milioni di persone. In California, gli agricoltori allagano le risaie anziché bruciarle dopo il raccolto, aprendo spazio per 230 specie di uccelli. Gli agricoltori del Ghana piantano manioca sui margini di campo che producono enormi quantità di nettare, attirando api e altre specie, che portano a loro volta a rese più elevate.
Il problema, evidenzia la FAO, è che questi cambiamenti non stanno accadendo abbastanza velocemente.
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su LA STAMPA