Il fuoco incrociato su Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, sembra suggerire che il Green Deal diventerà il nuovo fronte di scontro politico in Italia. Un po’ come lo è stato, fra gli altri, il Fondo salva-Stati (Mes).
Cingolani ha denunciato nei giorni scorsi il rischio di chiusura per la Motor Valley nel caso in cui anche le supercar dovranno adeguarsi all’elettrico al 100% entro il 2030. “Questo vuol dire che, a tecnologia costante, con l’assetto costante, la Motor valley la chiudiamo - ha spiegato -. Se noi oggi pensassimo di avere una penetrazione del 50% di auto elettriche d’emblée, non avremmo neanche le materie prime per farle, né la grid per gestirla. Su un ciclo produttivo di 14 anni, pensare che le nicchie automobilistiche e supersport si riadattino è impensabile.”
Tra le reazioni, quella dell’assessore allo Sviluppo economico dell’Emilia-Romagna, Vincenzo Colla: “Penso che sulla Motor Valley ci siano investimenti molto importanti che vanno in quella direzione. Ma la transizione va governata, non è un precipizio; non è tutto nero o tutto verde, in mezzo c’è l’arcobaleno che va governato.”
Parlando dell’Ets, il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue, ha poi aggiunto: “Benissimo far pagare di più chi inquina, ma attenzione che se io porto a 52 euro la tonnellata l’acquisto della CO2 quelli che hanno fatto investimenti in green – penso per esempio al settore della ceramica con industrie energivore – scatta la speculazione finanziaria perché la finanza sta acquistando le quote per rivenderle alzando il loro prezzo”.
Occorre inoltre considerare che, al momento, la maggior parte dell’energia elettrica non è prodotta da rinnovabili, bensì attraverso fonti fossili. È altrettanto vero che incentivando l’uso delle batterie, così come per i pannelli solari, si aiuta l’economia cinese (dove tali prodotti vengono prodotti su larga scala) piuttosto che quella domestica.