Gli effetti dell’azione dell’uomo sull’ambiente sono sotto gli occhi di tutti. Ma fin dalla preistoria la nostra specie ha modificato la natura per adattarla alle sue esigenze. E lo studio di questa dinamica, la storia ambientale, è un campo di ricerca ricco, sebbene nel nostro Paese ancora poco praticato.
Uno dei grandi classici della disciplina è ora disponibile in italiano: ‘Storia globale dell’ambiente’ (Leg Edizioni) di Joachim Radkau. Docente all’Università di Bielefeld, per questa sua opera Radkau ha vinto il prestigioso premio della World history association. Entriamo nel dettaglio di alcuni passaggi di un’intervista rilasciata a ‘La Nuova Ecologia’.
Gli albori dell’ambientalismo
“Ai primordi dell’ambientalismo c’era l’idea che la gran parte della storia umana fosse una guerra contro la natura e che adesso noi dobbiamo fare ‘pace con la natura’. Ma io penso che questa concezione sia troppo semplice e abbia ostacolato un approccio creativo alla storia ambientale, aperto a una varietà di scoperte. È vero però che le società premoderne operavano in genere con un senso del limite. Un libro dal titolo ‘I limiti dello sviluppo’, come quello del Club di Roma del 1972, non avrebbe fatto tanto scalpore se non dopo anni di euforia per la crescita, perché ancora negli anni della mia infanzia, nella Germania del dopoguerra, quei limiti erano troppo evidenti. Si è iniziato a metterli in discussione con lo sviluppo industriale del XIX secolo ma, almeno in Occidente, sono stati messi da parte non prima del boom degli anni ‘50 e ‘60 del Novecento.”
Usa ed Europa tra industrializzazione, storia ambientale
“L’era dell’industrializzazione è stata un grande punto di svolta per la storia ambientale, ma ancora di più lo sono stati gli anni ‘50, quando gli Stati Uniti con la loro crescita apparentemente illimitata sono diventati una sorta di utopia concreta, non solo per i Paesi europei. Prima di allora l’imitazione dell’America era stata in qualche modo rallentata dall’orgoglio nazionale e dalle guerre mondiali. Il boom del petrolio e la motorizzazione di massa sono state le forze motrici di questa svolta, che ha provocato una crescita enorme delle emissioni di biossido di carbonio e ha condotto al cambiamento climatico. L’Europa è un’alternativa all’‘American way of life’? Che domanda difficile… C’è una ‘European way of life?’. Come vediamo, nonostante l’Ue, l’Europa non è un modello uniforme di ambientalismo. Ma penso che potrebbe essere un progetto per il futuro.”
Il cancro, la coscienza ecologica di massa e le prospettive positive
“La paura del cancro è stata una motivazione dominante, in particolare agli esordi dell’ambientalismo moderno, soprattutto nell’allarme sul ddt lanciato da Rachel Carson nel ‘62 col suo Primavera silenziosa e nel movimento antinucleare. Il movimento ambientalista è stato essenzialmente un movimento igienista: le sue origini sono più nella tossicologia che nell’ecologia. È importante però guardare non solo agli inizi, ma all’evoluzione del movimento. Appare così chiaro che la sua durevole vitalità non deriva principalmente dalla paura, ma da obiettivi positivi: una vita sana in una natura bella e varia. Anche alle origini del movimento contro il nucleare non c’è stato lo shock provocato da una catastrofe, ma un ruolo decisivo lo ha svolto una massa di informazioni riservate. Dal mio punto di vista, l’ambientalismo è un nuovo illuminismo, non un’esplosione di panico.”