Una qualità della vita altissima: è stato questo il vanto per decenni dei paesi scandinavi, guidati in termini economici a lungo da Svezia e Danimarca, poi surclassati dai norvegesi quando Oslo ha scoperto di disporre di quantità ingenti di giacimenti fossili. Ora il vento sembra in parte cambiato.
In Svezia, il nuovo governo di destra guidato da Ulf Kristersson ha eliminato il ministero per l’Ambiente, accorpandolo al dicastero dell’Energia, affari e industria. È la prima volta da 35 anni che l’esecutivo della svedese rinuncia a un dicastero autonomo e di alto profilo dedicato alle tematiche ambientali.
Le forze di opposizione hanno paventato “conseguenze devastanti” da questo riassetto delle funzioni. Il nuovo governo ha anche stanziato più fondi (36 miliardi di euro di garanzie di credito) per la costruzione di nuove centrali nucleari e l’eventuale riapertura di due impianti atomici dismessi.
Le questioni economiche e ambientali si intrecciano con quelle geopolitiche. In Finlandia, cresce il consenso politico per la creazione di un muro alla frontiera con la Russia. La barriera fisica rappresenterebbe una rottura definitiva con Mosca: l’abbandono dello status di paese non allineato sarebbe a quel punto conclamato, indipendentemente dall’ufficializzazione dell’adesione di Helsinki alla Nato.