C’è un nuovo grosso problema all’orizzonte per le Forze armate di Kiev: il paventato spegnimento di Starlink. La costellazione di satelliti in orbita bassa dell’azienda statunitense SpaceX ha garantito nei primi mesi di conflitto le comunicazioni delle Forze armate ucraine (internet a banda larga) e un più rapido monitoraggio degli spostamenti delle truppe occupanti. Un vantaggio informativo rilevante, utile per pianificare la riconquista dei territori perduti.
Ma ora il fondatore di SpaceX, Elon Musk, minaccia di spegnere la cruciale rete di comunicazione a causa dei costi elevati: ha infatti fatto sapere che gli oneri potrebbero superare i 120 milioni entro fine anno e attestarsi a 400 milioni nel 2023. Ecco perché Musk ha firmato una lettera in cui informa la Difesa degli Stati Uniti che potrebbe mettere fine al servizio se il Pentagono non si farà carico degli alti costi sostenuti. La minaccia piomba poco prima delle elezioni di midterm (8 novembre 2022) che potrebbero restituire un Congresso Usa con più deputati repubblicani meno inclini a sostenere ulteriori spese belliche.
Ma Starlink è davvero un vero game changer dei conflitti armati? Come dimostrarlo? Disattivandolo. Se le Forze armate di Kiev inizieranno ad arrancare, l’importanza di Starlink sarà di fatto comprovata. Allora i prezzi per i servizi di assistenza ai governi impegnati in conflitti armati regionali potranno lievitare.
L’Ucraina è una sorta di esperimento. Da ora in poi i protagonisti delle guerre in tutto il mondo dovranno pagare per usufruire del prezioso appoggio esterno. Se il Pentagono decide di intervenire economicamente coprendo le spese, SpaceX fa subito cassa; se rifiuta, Musk farà molti più soldi per la concessione del dispositivo spaziale al migliore offerente in vari teatri mondiali. Sarebbe un ulteriore passo verso la privatizzazione della guerra.