Raschia il fondo del barile Evergrande, il gigante dell’immobiliare in crisi di liquidità, incapace di onorare la montagna di 300 miliardi di debito accumulati finora. Il secondo gruppo del real estate cinese, la cui capogruppo è registrata alle isole Cayman, è atteso al varco della scadenza di giovedì 23 settembre con 84 milioni di dollari di interessi da rimborsare.
Appena nel 2017 le azioni di Evergrande erano salite di 3-4 volte il loro valore, rendendo il fondatore Xu Jiayin uno degli uomini più ricchi di tutta l’Asia. Le azioni e le obbligazioni di Evergrande sono state incluse negli indici di tutta l’Asia, un valore aggiunto che potrebbe rivelarsi un boomerang ora che lo scenario è cambiato radicalmente.
I mercati non credono alle prospettive di salvezza di Evergrande, che conta 200 mila dipendenti il cui totale sale a 3,8 milioni considerando l’indotto. Il punto è che un crollo della società metterebbe a repentaglio l’intera economia cinese, la seconda al mondo, trasferendo le scosse sismiche alla finanza globale che nei bond cinesi ha investito. Almeno finora. Gli operatori non credono più neanche alle prospettive di ristrutturazione del debito.
Le banche hanno voltato le spalle, da tempo, a Evergrande, che vanta oltre 1.300 progetti immobiliari in oltre 280 città cinesi. Le agenzie di rating hanno più volte declassato l’azienda, a causa dei suoi problemi di liquidità. Le difficoltà sono aumentate quando la Cina l’anno scorso ha introdotto regole per calmierare i prestiti concessi ai real developers, misure che pongono un limite al debito in relazione ai flussi di cassa, alle attività e ai livelli di capitale di un’azienda.