La storia della differenza tra un paese basato sull’economia reale (Cina) e uno sull’economia finanziaria (Usa) ora appare evidente: le radici strutturali affondano negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. Quando, ovvero, la globalizzazione è esplosa.
I Paesi occidentali ne hanno tratto grande beneficio: il capitale ha potuto svincolarsi dai confini nazionali, delocalizzando ed eludendo ogni tassazione, i sistemi di produzione si sono fatti globali ed è il costo del lavoro che più ha subito la concorrenza “al ribasso” data dalla spinta competitiva. L’economia finanziaria è cresciuta a dismisura, grazie a investimenti che fino al 2008 almeno, hanno avuto ritorni più alti di quelli nell’economia reale.
La Cina ha guidato il processo, guardando bene che ciò avvenisse acquisendo tecnologia e un aumentando il proprio capitale umano, un processo che, accompagnato da un investimento crescente in ricerca, sviluppo e istruzione, le ha permesso di fare un salto qualitativo guadagnandosi una posizione dominante in tutti i macrosettori ad alto valore aggiunto.
La storia di Stati Uniti ed Europa è speculare: per anni hanno delocalizzato una parte rilevante della loro struttura produttiva perdendo capacità ingegneristiche tecniche e manifatturiere che richiedono decenni per essere costruite.
Oggi la Cina, che ha investito nella produzione reale e molto meno in finanza, può contare su alcuni vantaggi competitivi, tra cui il superamento degli Stati Uniti come leader mondiale nella domanda di brevetti e nel numero di pubblicazioni scientifiche.