
Mercoledì Donald Trump ha dichiarato che, a partire del 2 aprile, gli Stati Uniti imporranno una nuova tariffa permanente del 25% sulle auto e sui camion leggeri importati negli Stati Uniti.
Circa il 50% delle automobili vendute negli Stati Uniti sono prodotte localmente. Nell’ottica della Casa Bianca i dazi mirano a stimolare la produzione nazionale.
L’amministrazione Trump ha dichiarato che prevede di ricavare annualmente 100 miliardi di dollari (93 miliardi di euro) di entrate dai dazi. Ma le case automobilistiche statunitensi si riforniscono di componenti da tutto il mondo, quindi rischiano di dover affrontare costi più elevati e vendite inferiori.
La presidente dell’Associazione tedesca dell’industria automobilistica (VDA), Hildegard Müller, ha definito i dazi “un segnale fatale per un commercio libero e basato sulle regole” e ha dichiarato al quotidiano Bild che i dazi rappresentano “un onere considerevole sia per le aziende sia per le catene di fornitura globali strettamente interconnesse dell’industria automobilistica, con conseguenze negative in particolare per i consumatori, anche in Nord America”.
Le nuove tariffe statunitensi potrebbero, quindi, scatenare una guerra commerciale più ampia con ritorsioni che potrebbero avere un impatto negativo sul commercio globale e sulla crescita economica, aumentando al contempo i prezzi per i consumatori. Se le tariffe vengono trasferite ai consumatori, il prezzo medio delle auto potrebbe aumentare di 12.500 dollari negli Usa.
Inoltre, prendere di mira le auto importate potrebbe aumentare le tensioni con paesi come Giappone, Corea del Sud, Canada, Messico e Germania, tutti stretti partner degli Stati Uniti.