Era il 2019 quando, prima dell’operazione Fiat-Psa, la casa torinese stava per chiudere l’accordo con il primo gruppo francese. Poi l’intesa con Renault saltò, principalmente per l’opposizione del governo di Parigi e dei giapponesi di Nissan (con cui Renault ha una partnership di lunghissima data). A quel punto fu tirato fuori dal cassetto il piano B, ovvero Psa.
Un’idea, quella su Renault, che potrebbe tornare alla ribalta (emersa già 5 anni fa e poi ricicciata lo scorso gennaio in un articolo del “Corriere della Sera”: ovvero creare un colosso mondiale, in grado, potenzialmente, di scalzare la giapponese Toyota dal vertice del podio dei costruttori globali (e sicuramente superare Volkswagen dal vertice di quelli europei).
Nel frattempo il settore automotive europeo è entrato in crisi profonda, incapace di sostenere la concorrenza cinese, ma già dagli anni ’90 si cominciavano a vedere le prime (sottovalutate) crepe nei conti dell’industria europea: l’unica soluzione per sopravvivere era e resta diventare più grandi possibile.
John Elkann, probabilmente, non vede l’ora di tirarsi fuori dall’industria automobilistica e dedicarsi così alle sue attività preferite: investimenti e acquisizioni in “altri rami”, come lusso, sanità, alta tecnologia. Come riassume efficacemente Dagospia, “più Sam Altman, meno Maurizio Landini”.
Una svolta che lascerebbe le mani libere agli Agnelli anche sull’editoria: se quel poco che resta dell’industria automobilistica italiana passa davvero e definitivamente in mano ai francesi, servono ancora a qualcosa “Repubblica” e “Stampa”?