Nella media del 2018 il numero di occupati supera il livello del 2008 di circa 125 mila unità. Si sono così recuperati i livelli pre-crisi. Ma qualcosa si è perso per strada: nei primi tre trimestri del 2018, rispetto a dieci anni fa, mancano all'appello poco meno di 1,8 milioni di ore lavorate, ovvero oltre un milione di posti full time. Una ripresa, quindi, a "bassa intensità lavorativa": più occupati ma per meno ore. Questa la diagnosi del rapporto 'Il mercato del lavoro', elaborato da ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal.
Nella stima preliminare del quarto trimestre 2018 torna a crescere lievemente l'occupazione permanente (+0,1%), dopo la caduta del terzo, ma è "il tempo determinato (+0,1%) a toccare il valore massimo di oltre 3,1 milioni di occupati. In dieci anni, tra il 2008 e il 2018, i dipendenti con contratto a tempo sono aumentati di 735 mila unità. Un aumento concentrato soprattutto "nei dipendenti con rapporti a termine di durata fino a un massimo di sei mesi (+613mila)".
E, come noto, la mancanza di opportunità lavorative adeguate può comportare la decisione di migrare all'estero, fenomeno in crescita negli ultimi anni: da 40 mila del 2008 a quasi 115 mila persone nel 2017. Quindi in meno di dieci anni il flusso è quasi triplicato. Mentre, tra il 2008 e il 2018, gli stranieri sono passati dal 7,1% al 10,6% degli occupati. Ma i vasi non sono comunicanti. Se la maggior parte degli italiani che cercano fortuna all'estero hanno un livello di istruzione medio-alto, gli stranieri (indipendemente dal loro livello di formazione) trovano quasi sempre come unico sbocco posti di lavoro di basso livello.
Il problema della sovraistruzione vale anche per gli italiani. Ma attenzione, non si vuole qui sostenere che ci siano nel nostro paese troppi laureati. Le statistiche dimostrano l'esatto opposto in confronto con i principali altri Stati europei. Se un occupato su quattro risulta sovraistruito è, piuttosto, un problema di sottoccupazione. Ovvero, non c'è abbastanza domanda di lavoro ad alta qualificazione. È principalmente questo motivo che spinge i laureati ad accontentarsi spesso di occupazioni non adeguate al loro livello di istruzione.