Non si ferma la fuga dei giovani laureati che lasciano il Paese nel tentativo di trovare condizioni di lavoro (stipendi e opportunità di carriera) migliori altrove. Secondo l’elaborazione dei dati del ministero dell’Università e Istat pubblicata dal Sole 24 ore, il trasferimento all’estero, la cosiddetta fuga di cervelli, interessa tra il 5% e l’8% dei laureati italiani. In numeri assoluti, si stimano 248 mila laureati che hanno optato per l’estero nel periodo 2012-2021.
La mobilità dei talenti assume un rilievo particolare in Italia, che può contare su risorse già scarse. I laureati sono il 28% a fronte di una media Ocse del 40%. Se al Nord questo fenomeno è mitigato dagli arrivi di giovani laureati dal Sud, lo stesso non avviene nel Mezzogiorno. Se si osserva la platea degli under 40 nel Mezzogiorno e nelle Isole dal 1995 ad oggi mancano all’appello oltre 1,6 milioni di giovani. Come se in oltre 25 anni fossero scomparse due città come Napoli e Palermo. Aspetto forse ancora più dirimente è che i laureati emigrano ma non ne attiriamo dall’estero.
E tra chi decide di spostarsi all’estero per motivi lavorativi ci sono in genere i primi della classe. “Sono tendenzialmente più brillanti (in particolare in termini di voti negli esami e regolarità negli studi) rispetto a quanti decidono di rimanere in madrepatria – si legge nel rapporto 2022 Almalaurea - e ciò è confermato sia tra i laureati a un anno sia tra quelli a cinque anni”.