Il tasso di occupazione nell'area Ocse ha raggiunto il 61,7% alla fine del 2017. Per la prima volta ci sono più persone con un lavoro rispetto al periodo pre-crisi. Lo afferma l'Ocse Employment Outlook 2018.
La quota di occupati dovrebbe raggiungere il 62,1% entro la fine di quest'anno e il 62,5% nel quarto trimestre del 2019. E la disoccupazione è scesa a livelli record nell’eurozona, Giappone, Stati Uniti e Australia. La buona notizia è che il trend non è destinato ad arrestarsi. Si prevede che il tasso di disoccupazione continuerà a diminuire, raggiungendo il 5,3% alla fine del 2018 e il 5,1% l'anno successivo.
C'è, tuttavia, anche una cattiva notizia, anzi più di una. La qualità media dei nuovi posti è mediamente bassa e il risultato è che la povertà tra la popolazione in età lavorativa è cresciuta, raggiungendo il 10,6% nel 2015 rispetto al 9,6% di un decennio prima. Lavorano più persone, ma guadagnano meno.
La crescita media dei salari, infatti, resta più lenta rispetto al periodo antecedente la recessione: nel secondo trimestre 2007, quando la media dei tassi di disoccupazione dei paesi Ocse era più o meno la stessa di oggi, la crescita media dei salari nominali era stata del 5,8% a fronte del 3,2% osservato nel quarto trimestre 2017. E la stagnazione delle retribuzioni colpisce soprattutto i lavoratori a basso reddito, anche perché l'andamento di inflazione e produttività - entrambe troppo basse - hanno favorito la creazione di posti di lavoro meno qualificati.
L'Italia non tradisce il trend degli altri paesi (più occupati, meno disoccupati), ma il tasso di coloro che cercano lavoro - sceso all'11,2% ad aprile 2018 - rimane il terzo più alto dell'area Ocse e 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008. I salari reali sono scesi dell'1,1% nel quarto trimestre 2017 rispetto all'anno precedente, ma la media Ocse dice che sono aumentati dello 0,6% nello stesso periodo. Quindi, la disoccupazione e l'incidenza di contratti a termine restano alte, a tal punto che l’Italia registra il quarto livello più elevato in termini di insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito). Solo in tre fanno peggio: Grecia, Spagna e Turchia.
Secondo l’organizzazione con sede a Parigi occorrono una serie di misure. Tra queste, sia in Italia che nei paesi Ocse, sarebbe auspicabile incrementare i salari. Ma c’è anche altro punto di forza che può contribuire al miglioramento quantitativo del mercato dal lavoro - e anche qualitativo (in termini di tipologia contrattuale, retribuzione, sicurezza sociale): è il potenziamento dei sistemi di contrattazione collettiva. Che, invece, stanno subendo da circa vent'anni un progressivo smantellamento.