Il declino demografico affligge in particolar modo le economie avanzate. Sebbene si cominci a parlarne solo ora con una certa insistenza, il fenomeno è tuttavia in atto da decenni. Un cambiamento radicale rispetto al quale molti paesi non si sono preparati per tempo: non hanno favorito l’aumento della natalità e non hanno assorbito in quantità sufficienti lavoratori immigrati qualificati.
Per cui, non c’è da soprendersi se molti sistemi previdenziali rischino di collassare. Ma c’è qualcos’altro che potrebbe mettere in pericolo le pensioni pubbliche. Sono l’alta disoccupazione in alcuni paesi (specialmente in Grecia, Italia, Spagna), la precarizzazione del lavoro e la mancata crescita dei livelli salariali. Se le retribuzioni fossero più alte, evidentemente anche il flusso di contributi sarebbe più consistente, aumentando la probabilità di rivecere un assegno pensionistico “accettabile”.
Siamo, dunque, giunti alla nota dolente. I redditi – ad esempio in Spagna – non sono ancora tornati ai livelli precrisi. Ma non per colpa della grande recessione. La causa, secondo l’analista Octavio Granado de “El Pais” – sono le riforme (che hanno flessibilizzato ulteriormente il mercato del lavoro) attuate negli anni recenti.