Tardo pomeriggio da brividi (quello di giovedì 3 febbraio) in Spagna per il governo di Pedro Sánchez. La riforma del mercato del lavoro promossa da Madrid (e richiesta da Bruxelles) è stata infatti a un passo dalla bocciatura in Parlamento.
Alla fine è passata con 175 voti favorevoli e 174 contrari, ma solo grazie all’errore di un deputato del Partito popolare all’opposizione, Alberto Casero, il cui voto è finito erroneamente in appoggio alla legge, evitando uno scenario da incubo per il premier.
Il Partito Popolare protesta sostenendo che il voto erroneo di Casero è dovuto a un problema informatico non corretto, una circostanza smentita dai funzionari del Parlamento.
Sánchez può tirare un sospiro di sollievo. “Al di là dei numeri - ha affermato - ciò che è importante sono i 20 milioni di lavoratori che verranno favoriti dalla riforma”.
La norma ha come obiettivo il contrasto ad alcuni problemi strutturali del lavoro in Spagna, tra i quali l’alta precarietà, attraverso misure quali la limitazione delle categorie di contratti a termine permessi e l’incentivo di rapporti di lavoro più stabili.
Il governo ha sottolineato come alcuni effetti della riforma (entrata in vigore come decreto a fine dicembre) sarebbero già riscontrabili nel fatto che a gennaio sono stati firmati oltre 238.000 nuovi contratti a tempo indeterminato, “la cifra più alta della serie storica”.
Sono tuttavia rimasti fuori dalla nuova norma alcuni aspetti inclusi nella riforma del 2012 come le condizioni sui licenziamenti: si tratta di una questione criticata da alcuni gruppi politici, che rinfacciano al governo di non aver rispettato la promessa di “abrogare la riforma voluta da Rajoy”.