Si allarga la forbice salariale nell’Eurozona. Gli italiani guadagnano in media oraria 8 euro in meno rispetto a tedeschi e olandesi. Inoltre, durante gli anni della pandemia da Covid-19, i cittadini peninsulari hanno visto ridurre il costo del proprio lavoro di -1,6 punti percentuali. Qualche altro paese ha fatto peggio? No. È quanto emerge dai dati Eurostat sulle stime salariali della comunità europea.
Il costo medio orario, cioè quanto i datori di lavoro pagano in media all’ora tenendo conto di salari, contributi e altre tasse, ha avuto nel Vecchio continente un aumento abbastanza generalizzato, tranne che in Italia e Spagna (occorre subito precisare che nelle scorse settimane Madrid ha varato un’innovativa riforma strutturale del mercato del lavoro).
A differenza del paese iberico – che ha registrato una timida diminuzione del -0,3% –, in Italia è avvenuto, oltre al calo dei salari medi orari, anche una diminuzione delle tasse sul lavoro. Ma quest’ultimo fattore non ha compensato la riduzione delle retribuzioni dei cittadini dello Stivale, a punto tale che il trend salariale ha invece fatto registrare, nei due anni della pandemia, il calo più marcato (a livello percentuale) di tutta l’Eurozona. Ma quali sono stati invece i Paesi con l’aumento più rilevante? Al primo posto la Lituania, con un +12,5%. Si distanzia lievemente l’Islanda (+11,7%). Molto ravvicinata anche la Serbia (+11,1%). L’Europa, mediamente, registra un +1,7%.
Benché nel 2021 il costo del lavoro non sia cresciuto in Italia (anzi, diminuito rispetto al 2020) occorre evidenziare che il livello del nostro paese, in valori assoluti, non si posiziona ad uno dei due estremi della classifica. La forbice europea va dalla Serbia (6,9 euro medi all’ora), alla Norvegia (51,1 euro orari). L’Italia? Si posiziona nel centro della classifica, con 29,3 euro e di poco al dì sopra della media europea, che si registra nel 2021 a 29,1.
