Mario Draghi ha annunciato che il governo ha intenzione di muoversi nella direzione del salario minimo così come delineato a livello europeo. Il presidente del Consiglio ha parlato proprio nel giorno in cui è arrivato il via libera della commissione lavoro del Parlamento europeo al testo della Direttiva Ue.
La commissione ha approvato (con 34 voti a favore, 8 contrari e 2 astenuti) l’accordo raggiunto tra le istituzioni per il testo che punta a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni domestiche dei Paesi membri e a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva. Passato l’esame in commissione la direttiva si prepara ora alla prova finale del voto in plenaria atteso per la sessione di settembre a Strasburgo.
L’Italia è tra i soli sei Paesi europei (insieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia) a non prevedere una regolamentazione che fissa un minimo retributivo legale, ma il testo in discussione non comporta nessun obbligo per i Paesi membri. La direttiva fissa i criteri per minimi sopra la soglia della sopravvivenza, tenendo conto del costo della vita e del potere d’acquisto. Questo attraverso un salario minimo fissato per legge oppure l’estensione della copertura della contrattazione collettiva, che dovrà arrivare all’80% anche, se necessario, tramite un piano di azione sotto il monitoraggio dell’Ue.
Due strade alternative che dovrebbero ridurre le disuguaglianze e mettere un freno ai contratti precari e pirata. In ogni caso, a decidere la via da percorrere sono i governi dei singoli paesi. Compresi quelli, come l’Italia e i nordici, che hanno una copertura di contrattazione collettiva elevata, ma non prevedono un salario minimo per legge. Infatti, anche nei paesi in cui la contrattazione tra le parti è già estesa come l’Italia, ci sono intere fasce di lavoratori (come quei 3,3 milioni che guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora, secondo i dati Inps) al di sotto del minimo effettivo “adeguato ed equo”.
I paesi che hanno già un salario minimo dovranno adeguarsi ai valori indicativi usati a livello internazionale: il 60% del salario lordo mediano (la mediana è un indice di sintesi di una distribuzione di caratteri quantitativi o qualitativi ordinali ed è rappresentata dal valore della modalità che si trova esattamente nel mezzo della distribuzione) e il 50% del salario lordo medio, con un aggiornamento automatico ogni due anni. Un modo per migliorare la convergenza di salario nell’Unione, dove il salario minimo varia sensibilmente tra i 332 euro mensili della Bulgaria e i 2.257 euro del Lussemburgo, non superando la quota dei mille euro in 13 Paesi (Est, Baltici, Grecia, Portogallo).