La sera del 4 novembre i dipendenti della Boeing hanno accettato una nuova proposta di contratto e messo fine a uno sciopero che durava da più di sette settimane, costato all’azienda e ai suoi fornitori più di dieci miliardi di dollari (per l’esattezza 11,56 mld secondo la società di consulenza Anderson Economic Group).
Dopo il rifiuto di due precedenti proposte, il 59% degli iscritti alla sezione locale del sindacato Iam ha approvato il contratto, che prevede aumenti salariali molto vicini a quelli richiesti, ma non il ripristino del regime pensionistico abolito nel 2014.
Più di 33mila dipendenti dell’area di Seattle, nel nordovest degli Stati Uniti, dove la Boeing è stata fondata nel 1916, torneranno quindi al lavoro nelle due fabbriche principali dell’azienda, dove si producono tra le altre cose gli aerei 737 (il più venduto), il 767 e il 777.
Il nuovo contratto, che ha una durata di quattro anni, prevede aumenti salariali del 38%, mentre il sindacato chiedeva il 40%.
Il 23 ottobre la Boeing ha registrato la peggiore perdita trimestrale degli ultimi quattro anni (6,17 mld), in un momento in cui la sua situazione finanziaria è precaria in seguito agli incidenti di due 737 Max 8 nel 2018 e nel 2019, che hanno causato la morte di 346 persone, e a una serie di problemi di qualità della produzione.