L’acqua scarseggia. In Uruguay si chiedono: chi favorire tra le persone e le macchine? Il governo conservatore guidato dal presidente Luis Lacalle Pou e Google hanno raggiunto un accordo per costruire un data center che, una volta in funzione, metterà server e popolazione in diretta competizione per l’accesso all’acqua potabile. Una risorsa che in Uruguay già scarseggia (a causa non solo della crisi climatica).
L’intesa giunge in una fase in cui, secondo quanto spiegato dallo stesso governo sudamericano, il Paese sta affrontando “la peggiore siccità degli ultimi 74 anni”. Da mesi l’acqua dei rubinetti della capitale Montevideo e dell’area metropolitana viene dall’estuario del rio della Plata. Il problema è che è salata.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2021 è stato reso noto che il motore di ricerca statunitense aveva acquistato 29 ettari di terreno nel Parque de las Ciencias, nel sud del Paese. I data center hanno infatti bisogno di spazio, rappresentano la parte fisica di internet: i luoghi che ospitano l’immensa quantità di informazioni alle quali gli utenti accedono quotidianamente, che tuttavia oltre a usare molta energia elettrica hanno anche bisogno di enormi quantità di acqua per gestire il processo di raffreddamento necessario al funzionamento delle macchine.
Una volta a regime il nuovo centro consumerà 7,6 milioni di litri di acqua potabile al giorno (equivalgono all’utilizzo giornaliero di acqua potabile di 55mila persone). In realtà, Google ha affermato che il progetto è ancora in fase di esplorazione, e il governo ha aggiunto che le revisioni successive porteranno con ogni probabilità alla realizzazione di un data center più piccolo. Ma i dati ufficiali, per ora, restano quelli del ministero dell’Ambiente.
Il tutto avviene in un Paese che è il primo al mondo a garantire il diritto all’acqua potabile a livello costituzionale. Incredibile, ma vero.