Come in una partita a scacchi, nel 2022 il nostro Paese è andato vicino a subire lo scacco matto sul gas. Una delle fonti fossili più inquinante ma anche difficilmente sostituibile in tempi rapidi. La geografia degli approvvigionamenti di gas dell’Italia è così cambiata, e non poco.
Se nel 2021 il maggiore partner per l’importazione era la Russia con 29,1 miliardi di metri cubi transitati dal Tarvisio verso il nostro Paese, nel 2022 la quota di gas proveniente da Mosca è scesa del 61% a 11,2 mld di mc. Al contempo, è salito del 12% il flusso proveniente dall’Algeria, secondo Paese (nel 2021) per quantità di gas importato (e il primo fornitore del Belpaese lo scorso anno), passato da 21,2 a 23,7 mld di mc.
La Federazione Russa è dunque diventato da primo a secondo fornitore, anche se in quella posizione potrebbe esserci la Libia da dove importiamo 2 mld di mc, su una linea che potrebbe arrivare facilmente a 15. È altrettanto vero che i 23,7 mld di mc arrivati dall’Algeria potrebbero essere di più: il Paese in passato è arrivato a inviarcene 30. Tuttavia ora Algeri non riesce a fare di più.
Ma c’è comunque il vituperato Tap, da cui arriva il gas dall’Azerbaijan: 10,2 mld di mc che nel 2023 potrebbero essere raddoppiati. Lo Stato asiatico, lo scorso anno il terzo da cui l’Italia riceve più gas, ha aumentato l’export verso il nostro Paese, passando nel 2022 a una fornitura di 10,2 mld di mc a fronte dei 7,2 registrati nel 2021 (+41%).
Anche se su volumi più contenuti, è inoltre schizzato verso l’alto il gas proveniente da Paesi Bassi e Norvegia con una crescita del 241%: dai 2,2 mld di mc del 2021 si è passati ai 7,4 di quest’anno.
Per quanto riguarda il Gnl (gas naturale liquefatto), che viene trasportato via nave e arriva da Usa, Qatar, Nigeria, Mozambico, il rigassificatore di Panigaglia (La Spezia) ha raddoppiato la sua capacità nel 2022 passando da 1,1 a 2,2 mld di mc di gas processato (+102%) e quello di Livorno che ha ricevuto 2,2 mld di mc nel 2022 contro l’1,4 dell’anno precedente (+70%).