Gli italiani rischiano seriamente di pagare sui prezzi del carburante e del gas la crisi in Medio Oriente. L’attacco di Hamas a Israele ha messo in moto una macchina che potrebbe portare a conseguenze economiche molto simili (se non peggiori) a quelle scatenate dall’invasione russa in Ucraina di inizio 2022.
Le nuove difficoltà potrebbero riportare al centro del dibattito politico la discussione sull’autonomia energetica europea, visto che ad esempio l’Algeria, attualmente il primo fornitore di gas per l’Italia (con una quota del 40 per cento), ha espresso vicinanza e solidarietà ad Hamas, dopo l’attacco disumano condotto il 7 ottobre.
Discorso simile, sebbene l’import si attesti su livelli ben inferiori (intorno al 10 per cento), può farsi per il Qatar, che al pari di Algeri ha espresso sostegno all’organizzazione terroristica che, come diversamente sostenuto da alcuni non punta con tutta probabilità alla creazione di uno Stato palestinese, bensì di uno islamico, rivelando una profonda frattura tra chi sostiene la causa palestinese e chi ha altri progetti in mente che nulla sembrano avere a che fare con la disperazione di un popolo senza Stato.
Tornando ai prezzi del petrolio, occorre precisare che in realtà sono in crescita da tempo, ovvero da quando l’Opec+ ha deciso di tagliare la produzione con l’obiettivo di mantenere i prezzi su livelli elevati. In tal contesto, si inserisce il conflitto medio-orientale che potrebbe far lievitare ulteriormente le quotazioni dell’oro nero, portandole su livelli insostenibili per numerose economie più o meno sviluppate.