Il gas, il grande protagonista della scena energetica mondiale e allo stesso tempo il grande punto interrogativo.
C'è un gran dibattito tra ambientalisti, enti pubblici, governi e addirittura scienziati se il gas naturale sia davvero, oggi, la fonte da privilegiare. C'è un dato certo: da 10 anni la domanda globale vive un exploit, che proseguirà nei prossimi 5 anni al ritmo di +1,6% all'anno.
C'è un secondo dato certo: il gas costa meno del petrolio. Una forbice che va allargandosi con i recenti aumenti del barile di greggio. Tutto il resto invece, tra dati e valutazioni scientifiche, è opaco.
Il gran dibattito riguarda proprio il motivo principale del successo del gas naturale. E' davvero poco inquinante? Sì se paragonato ad altri combustibili fossili, certamente no se si confronta con le energie rinnovabili. Ma allora perché non orientarsi subito al potenziamento delle fonti pulite?
Nella comparazione con i concorrenti fossili c'è da specificare che il gas (in gran parte si tratta di metano) liberato nell'atmosfera ha – contro l'intuizione comune - un immediato impatto maggiore di quello del carbone, produce cioè più anidride carbonica e maggior effetto serra ma, tanto per complicare il quadro dei calcoli, si dissolve prima nell'atmosfera: 13 anni, contro i 1000 del carbone.
Insomma, non esistono studi certi sulla convenienza effettiva del gas come scelta verde. Incertezza anche sui dati delle stesse compagnie energetiche: alcuni sostengono che lungo la catena produttiva che va dall'estrazione (ora in auge è il “fracking”, la fratturazione fossile, che porta ulteriori problemi) al consumo finale, si libererebbe nell'aria il 6% del metano, ma altri dicono il 3%. Ancor meno univoche le proiezioni future: per quanto tempo il gas avrà questa funzione di ponte tra il vecchio mondo del carbone e petrolio e il futuro del 100% di fonti rinnovabili? Lo studio più accreditato dice altri 20 anni, ma potrebbe essere un arco temporale molto più lungo.