Entro pochi anni, oltre 800 centrali elettriche alimentate a carbone potrebbero essere smantellate e sostituite senza conseguenze economiche, ma anzi con profitto, da energia solare più pulita.
È quanto emerge da uno studio dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa), che ha evidenziato come la chiusura di più centrali a carbone rispetto a quelle già destinate a cessare la propria attività (circa un decimo) costituisca in realtà un’opportunità.
Ogni anno da 2000 gigawatt di energia prodotta dal carbone sono generati annualmente circa 15,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Un numero che, secondo le indicazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia, dovrebbe raggiungere quota zero entro il 2040 affinché l’aumento della temperatura rimanga sotto la soglia di 1,5 gradi.
Poiché lo smantellamento delle centrali è costoso, i governi studiano soluzioni utili a finanziare la transizione, con un successo decisamente modesto rispetto a quello che si potrebbe fare seguendo gli obiettivi tracciati dall’Ieefa.
Tra le oltre 800 centrali individuate dall’istituto, più o meno 600 sono state costruite trenta o più anni fa e molte hanno già ripagato i propri debiti. Tenendo conto della crescita dei margini di profitto per le energie rinnovabili, che ora bastano a coprire i costi di sostituzione delle centrali a carbone, si rivelerebbe relativamente economico (secondo lo studio dell’Ieefa) anche lo smantellamento dei restanti 200 impianti.
La musica cambia se si guarda a impianti nuovi e in costruzione. A costituire una sfida finanziaria più grande, in particolare nei paesi che, come il Vietnam, stanno ancora sviluppando nuova capacità, sarà invece lo smantellamento degli impianti più recenti.