L’acqua è sempre più scarsa, complici i cambiamenti climatici e la crescente pressione antropica. Pur essendo il nostro Pianeta “ricoperto d’acqua”, la percentuale di questa utilizzabile per usi umani è circa lo 0,6% considerando laghi, fiumi e falde sotterranee di facile accesso. Una componente solo in parte “rinnovabile”, poiché le falde hanno tempi di ricarica spesso più lunghi del tasso di sfruttamento cui vengono sottoposte.
Già nel 2012 le Nazioni Unite pronosticavano che circa la metà della popolazione mondiale dovrà affrontare la questione della scarsità idrica. E l’Osservatorio europeo della siccità indica anche l’Italia tra i Paesi Ue considerati più a rischio.
C’è un problema di scarsità ma anche di prezzo. Le due variabili sono infatti negativamente correlate. Nell’indifferenza quasi generale, alla fine di dicembre negli Stati Uniti (il secondo paese al mondo per consumo di risorse idriche) sono stati venduti i primi contratti futures che danno la possibilità di scommettere in borsa sul prezzo dell’acqua. Alcuni sostengono che in questo modo i produttori agricoli potranno proteggersi dagli sbalzi del costo delle risorse idriche. Mentre altri sono preoccupati dal fatto che una risorsa di tutti possa essere comprata o venduta in borsa e sia sfruttata per speculazioni finanziarie.
Nel frattempo il prezzo dell’acqua sta comunque aumentando. Non solo di quella per uso agricolo quotata in borsa, ma anche dell’acqua che esce dai rubinetti: un’inchiesta del Guardian ha rivelato che tra il 2010 e il 2018 il suo prezzo in dodici città statunitensi è aumentato in media dell’80%.