Il price cap sul petrolio russo si può fare. È quanto fissato dagli ambasciatori dell’Ue nell’accordo raggiunto sull’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’Ungheria ha ottenuto l’esenzione dal tetto del greggio importato da Mosca tramite oleodotto (un’escamotage che ha evitato la rottura tra Bruxelles e Budapest).
L’approvazione dei Paesi europei rappresenta un passo significativo verso l’introduzione del tetto anche da parte del G7. Che secondo il Tesoro americano potrebbe far risparmiare ai 50 maggiori Paesi emergenti circa 160 miliardi di dollari l'anno di spesa per le importazioni.
Ma non viene specificato con quale prezzo massimo si otterrebbe tale risparmio. Un aspetto dirimente che influenzerà l’eventuale adesione dei Paesi extra G7. Una soluzione che, giorno dopo giorno, appare sempre più lontana.
L’Opec+, il cartello dei principali produttori di greggio allargato alla Russia, ha infatti annunciato un maxi taglio alla produzione di greggio da 2 milioni di barili al giorno (circa il 2% delle forniture globali). Di conseguenza, il prezzo del greggio Brent è di nuovo schizzato sopra quota 90 dollari al barile.
Gli obiettivi sono multipli: oltre al rialzo dei prezzi del greggio che, di fronte al rallentamento dell’economia globale, erano calati del 25% negli ultimi tre mesi, l’Opec si è assicurato una certa capacità produttiva di riserva per compensare eventuali riduzioni della produzione russa e, soprattutto, dare una mano a Mosca, dimostrando che il viaggio compiuto da Biden la scorsa estate in Arabia Saudita per convincere Riad a non tagliare la produzione è stato inutile.
L’annuncio dell’Opec+ giunge infatti nel momento di massima difficoltà militare e non solo per Mosca. Le sue entrate legate alla vendita di idrocarburi hanno toccato il minimo degli ultimi 14 mesi. E presto si porrà il problema del tetto europeo al prezzo del petrolio. Ma la mano tesa di Riad dovrebbe sortire il suo effetto.