Il Brasile sta sprecando la sua risorsa più preziosa, la falda di Guarani, che è il secondo più grande corpo d'acqua dolce sotterranea del pianeta. Gli attivisti sono preoccupati per le voci di privatizzazione e i numerosi progetti che l’attuale governo ha avviato e temono che l’approvvigionamento idrico ne possa risentire.
Per la sua storica abbondanza d'acqua potabile il paese latino-americano è stato soprannominato “l’Arabia Saudita dell’acqua”. La falda di Guarani, con i suoi 30mila chilometri cubi di acqua dolce sotterranea sparsi su 1,2 milioni di chilometri quadrati nei paesi del Sudamerica – e soprattutto del Brasile – ne è una testimonianza.
Esistono legami tra cambiamenti climatici e diminuzione delle risorse idriche? Secondo gli scienziati brasiliani sì, perché quello che accade nella falda è direttamente collegato alle precipitazioni e alla distribuzione di acqua nell’atmosfera.
Nel 2009 uno studio ha rilevato che c’erano 2 mila pozzi di perforazione che si collegavano alla falda acquifera, nonostante la falda di Guarani sia protetta da severe leggi ambientali. Tre quarti di questi pozzi forniscono acqua potabile a São Paolo. Se non si rispetta un tasso sostenibile di estrazione idrica potrebbero esserci gravi conseguenze.
Gli ambientalisti sono in allerta, visto che la falda è già sovrasfruttata: l’incontro di qualche mese fa al Forum di Davos tra il presidente del Brasile, Michel Temer, e il presidente del board di Nestlé, Paul Bulcke, non è passato inosservato. Se il governo decidesse di monetizzare vendendo la falda ai privati, il colosso dell’alimentazione e delle bevande avrebbe tutto da guadagnare: ma Nestlé ha smentito queste voci sottolineando che “non estrae acqua dalla falda di Guarani” e che non ha intenzione di farlo in futuro.