Orban: “La proposta di sanzioni contro il petrolio russo è inaccettabile”

Il premier ungherese ribadisce la sua posizione contraria rispetto alla linea seguita da Bruxelles. Il Presidente della Duma: “L’unità dell’Europa sta crollando”

Orban: “La proposta di sanzioni contro il petrolio russo è inaccettabile”
Il premier ungherese Viktor Orban

“La proposta di sanzioni dell’Ue al petrolio russo nella sua forma attuale è inaccettabile” e “ne aspettiamo una nuova”. Così si è espresso il premier ungherese che invita l’Europa “a cambiare il sistema dell’energia entro 5 anni”. Poi Viktor Orban ha ribadito la volontà di Budapest di non inviare armi a Kiev perché “questa non è una nostra guerra” e spiegato che “le sanzioni Ue fanno più danni all'Europa che alla Russia”.

Affonda la lama nella ferita Mosca. “L’unità europea sta crollando. Il Parlamento europeo ha chiesto una profonda riforma dell’Unione, si propone di abbandonare il diritto di veto dei membri dell’Ue, l’opinione dei singoli Stati, e quindi dei loro cittadini, non sarà più presa in considerazione (il riferimento vero è al tentativo di modifica delle regole europee portato avanti da alcuni tra i principali paesi comunitari per limitare il potere appunto di veto da parte dei paesi considerati di minore importanza, ndr)”. Lo ha dichiarato il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin.

“Con l’introduzione delle sanzioni contro la Russia, i Paesi dell’Ue non hanno unità su questo tema. Pertanto, bisogna cercare altre forme decisionali, abbandonando il principio che esisteva da anni”, ha aggiunto Volodin. Secondo il presidente della Duma, “milioni di persone in Europa saranno private del diritto di voto. I loro Stati perderanno la loro sovranità. Sorge la domanda: chi sarà responsabile nei confronti dei cittadini di un determinato Paese in caso di aumento dei prezzi, disoccupazione, problemi economici a seguito di decisioni prese senza tener conto delle loro opinioni? Se gli Stati che oggi fanno parte dell’Ue vogliono mantenere la sovranità e difendere gli interessi dei propri cittadini, non hanno che una strada rimasta: lasciare l’Ue”.

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