Libia, attacco aereo su un giacimento Eni. Haftar: “L’unica possibilità è una soluzione militare”

Proseguono i combattimenti tra le forze di Sarraj e quelle di Haftar

Attacco aereo su un giacimento Eni

Continua senza sosta, ma con meno clamore, il conflitto che sta dilaniando da anni la Libia. Nuovi combattimenti tra le forze del governo di accordo nazionale libico (Gna) del premier Fayez al-Sarraj e quelle del generale Kahlifa Haftar hanno causato la chiusura di un giacimento petrolifero operato da Eni insieme alla Compagnia petrolifera nazionale (Noc) libica, quello di El Feel. La sospensione delle attività dell’impianto che è situato nei pressi di Sabha (nel sud della Libia) è stata annunciata dalla stessa Noc su Twitter, dove si spiega che “ci sono stati attacchi aerei alle porte del giacimento petrolifero El Feel e all'interno di un complesso residenziale utilizzato dal personale della compagnia”.

Intanto nei giorni scorsi il portavoce del generale Khalifa Haftar sulla sua pagina Facebook, Ahmed Al Mismari aveva scritto che “non esiste alcuna possibilità di successo per una soluzione politica o economica della crisi in Libia prima di un deciso confronto militare”.

Ma torniamo all’Eni, che è in Libia dal 1959. Nel luglio 2018, la più grande compagnia petrolifera e di gas italiana ha concluso un accordo per creare la Mellitah Oil and Gas Company (Mog). E gruppi armati libici - riporta Al Jazeera - sarebbero stati pagati per garantire il complesso petrolifero di Mellitah nel distretto di Zawiya, nella Libia occidentale. Il problema è che tra questi c'è anche una milizia guidata da Ahmad Oumar al-Dabbashi, inserito nella lista nera nel 2018 dalle Nazioni Unite per essere “un importante leader nelle attività legate al traffico di migranti”.

Così facendo, l’Eni lascia aperto il flusso di petrolio dalla Libia all’Italia (il principale paese destinatario del greggio libico), ma al contempo - accusa Al Jazeera - contribuisce al mantenimento dello status quo nel travagliato paese nordafricano.

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