I nuovi dati del Pil diffusi dall’Istat non modificano i programmi del Mef. Il volume più elevato del Prodotto interno lordo registrato sul 2021, 2022 e 2023, grazie a nuovi elementi statistici e criteri contabili (21 miliardi nel 2021, 34 miliardi nel 2022 e 43 nel 2023, per un totale di 98 miliardi), dà la misura di un’economia più forte, ma, più dei livelli, per stabilire il futuro percorso della finanza pubblica contano le traiettorie e quelle sostanzialmente non cambiano.
La crescita del Pil del 2021 è stata rivista dall’8,3 all’8,9%, quella del 2022 dal 4 al 4,7%, quella del 2023 ridotta dallo 0,9 allo 0,7% e trainata essenzialmente dalle costruzioni nell’ultimo anno del Superbonus. Dati i maggiori livelli che si registreranno anche sul Pil del 2024, ci potrebbe essere un piccolo effetto positivo di rimbalzo sul tasso di crescita.
L’indebitamento netto della pubblica amministrazione, il deficit, viene rivisto per il 2023 dal 7,4 al 7,2%. Anche questo cambia poco sul piano pratico: il Piano dovrà comunque prevedere una riduzione del deficit di mezzo punto di Pil, 12-13 miliardi l’anno (secondo quanto previsto dal nuovo Patto di stabilità).
Il debito scende tra il ’22 e il ’23, dal 138,1 al 134,5% del Pil, mentre il Def indicava il 137,3%. Anche qui, cambia solo il punto di partenza, non il trend.