Via Twitter il capo del governo spagnolo, Mariano Rajoy, ha annunciato che la Spagna ha chiuso il bilancio pubblico dello scorso anno con un disavanzo del 3,07% del Pil e ha, quindi, raggiunto l’obiettivo del 3,1%. In termini assoluti, le uscite avevano superato le entrate di 48 milioni di euro nel 2016, salvo poi scendere a 36 mln nel 2017.
Ciò è stato possibile in virtù di una più efficace riscossione delle imposte. Ma hanno remato a favore anche la minore spesa per interessi passivi sul debito pubblico e la riduzione della disoccupazione.
Per l’anno in corso, la Spagna si è impegnata a ridurre il disavanzo al 2,2% del Pil, il che significherebbe rispettare il patto di stabilità dell’Ue per la prima volta in un decennio e abbandonare la procedura imposta da Bruxelles per disavanzo eccessivo.
Abbassare la soglia del 3% sembra più facile di quanto lo sia nella realtà. La Spagna sta entrando in un clima pre-elettorale e ciò non aiuta. Le promesse che le forze politiche in campo avanzeranno, se attuate, implicheranno un aumento della spesa pubblica. Tra aumenti salariali e riduzione delle imposte sul reddito, prospettati dal governo Rajoy, il 2,2% diventerebbe una chimera.
Resta il fatto che la Spagna ha compiuto nell’ultimo decennio uno sforza senza precedenti. È passata da un deficit pubblico dell’11% nel 2009 al 3% nel 2017. Un aggiustamento complesso ottenuto tagliando gli investimenti pubblici e lo stato sociale. Le pensioni sono l’unico capitolo di spesa a non cadere sotto la scure dei tagli.
Per il momento.