La Romania si conferma il paese con il maggior Vat gap (33,8%), anche se in miglioramento rispetto al 35,5% del 2017. Seguono Grecia, Lituania e Italia. Il nostro paese non raccoglie circa 1/4 dell’Iva che andrebbe incassata (24,5%) ed è primo in termini assoluti per perdita di gettito (35 miliardi di euro, 12 in più del Regno Unito, il secondo peggiore). Il paese più virtuoso in termini relativi è la Svezia, con una perdita inferiore all’1% rispetto al gettito potenziale (dati elaborati dalla Commissione europea).
Il vat gap è in sostanza la differenza tra il gettito Iva potenziale e quello effettivo. Se divisa per il gettito potenziale si ottiene la percentuale di tassa che non si è incassata rispetto al totale previsto.
Nonostante il dato sia ancora particolarmente elevato, l’Italia migliora la propria capacità di raccolta Iva. Nel 2014, la perdita in percentuale al gettito potenziale era di quasi 1/3, quattro anni dopo si è ridotta a 1/4 del totale. Si registra dunque un passo avanti, anche se il confronto con i Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) rimane deludente. “Siamo penultimi, dietro Spagna e Portogallo, anche loro migliorati, e Irlanda, che, nonostante il peggioramento, continua a mantenere un Vat gap inferiore al nostro di 14 punti percentuali”, evidenzia Taddei.
Un altro punto interessante è che “un elevato Vat gap non sembra essere influenzato da un’aliquota elevata - spiega Massimo Taddei -. Per esempio l’Ungheria, che ha l’aliquota Iva più alta in Europa (27%, senza aliquote ridotte per beni di prima necessità), ha un differenziale dell’8,4%, inferiore alla mediana Ue.”