La profezia di Bolsonaro: “Nel mio futuro la vittoria, la morte o il carcere”

Gli indigeni denunciano per genocidio ed ecocidio il presidente brasiliano, che è ora nel mirino della Corte penale internazionale. Intanto Bolsonaro, che durante il suo mandato non è riuscito a migliorare le sorti della prima economia dell’America latina, si prepara alle elezioni politiche del prossimo anno

Bolsonaro: “Nel mio futuro la vittoria, la morte o il carcere”
Jair Bolsonaro

Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha detto di vedere nel suo futuro tre possibilità successivamente alle elezioni del prossimo anno in cui verrà sfidato dall’ex capo di Stato, Luis Inacio Lula da Silva.

“Ho tre alternative nel mio futuro: essere arrestato, ucciso o la vittoria”, ha dichiarato il presidente di estrema destra, parlando ad esponenti della comunità evangelica. Ha poi spiegato, tuttavia, che la possibilità del carcere è remota in quanto “nessun uomo sulla Terra mi minaccerà.”

Bolsonaro è stato accoltellato nel 2018 durante la sua campagna elettorale. Le sue parole arrivano sullo sfondo di una forte tensione con il potere giudiziario e le autorità responsabili del processo elettorale. Il presidente, che punta a un secondo mandato, ha messo in discussione il sistema di voto elettronico e ha minacciato di non accettare il risultato della consultazione popolare.

Nelle settimane scorse, intanto, l’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) ha chiesto alla Corte penale internazionale (Cpi), lunedì 9 agosto, di indagare sul presidente del Paese, Jair Bolsonaro, per la sua “politica anti-indigena”. “Riteniamo che in Brasile siano in corso atti che costituiscono crimini contro l’umanità, genocidio ed ecocidio. Data l’incapacità dell’attuale sistema giudiziario brasiliano di indagare, perseguire e giudicare questi comportamenti, denunciamo questi atti davanti alla comunità internazionale, mobilitando il Cpi”, ha dichiarato Eloy Terena, coordinatore legale di Apib.

Da quando è salito al potere, Bolsonaro ha incoraggiato l’utilizzo delle terre indigene e delle aree protette dell’Amazzonia, duramente colpite dalla deforestazione e dalle miniere illegali, per lo sfruttamento delle risorse. Nel 2019, l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (Inpe) aveva riferito che l’Amazzonia aveva perso 10.129 km² a causa della deforestazione, con un aumento del 34% rispetto all’anno precedente. Lo scorso mese di marzo, poi, l’Istituto ha riportato una perdita di altri 367 km². “L’attuale Governo brasiliano non è semplicemente degno di fiducia“, aveva sottolineato, il 16 aprile, Sonia Guajajara, coordinatrice dell’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile, che rappresentano lo 0,5% dei 212 milioni di brasiliani e le cui riserve occupano il 13% del vasto territorio brasiliano.

Bolsonaro ha annunciato, ad aprile, di essersi impegnato ad eliminare la deforestazione illegale in Amazzonia entro il 2030, ma ha anche riferito che sarebbero state necessarie “enormi risorse” e il sostegno economico del Governo degli Stati Uniti, del settore privato e della società civile statunitense.

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