La spesa sanitaria pro capite annua del settore pubblico in India corrisponde al costo di una pizza, circa 16 dollari statunitensi. Il paese, infatti, destina soltanto l'1,02% del Pil, una quota che è rimasta pressoché invariata dal 2009. Si tratta di uno dei livelli più bassi al mondo: lo Sri Lanka spende circa quattro volte di più, l'Indonesia più del doppio.
Questi numeri rendono difficile credere che l’obiettivo fissato dal governo guidato da Narendra Modi – "investire" il 2,5% del Pil nella sanità entro il 2025 – sia realizzabile. Senza un aumento significativo del budget, anche gli obiettivi sanitari sembrano difficili da raggiungere. Tra questi, la riduzione del tasso di mortalità infantile da 41 decessi ogni 1.000 nati vivi nel 2015-16 a 28 entro il 2019 e l'eliminazione della tubercolosi entro il 2025.
Ma questa evidenza empirica non si interfaccia con la dinamica macroeconomica, che negli ultimi 15 anni ha visto il Pil indiano moltiplicarsi per 5 volte.
Presi per il PIL
Eppure, l’India nel 2017 ha registrato un Pil del 6,7%, mentre la Cina ha segnato il 6,8%. Secondo l’Fmi, tuttavia, quest’anno potrebbe avvenire il sorpasso, quantomeno in termini percentuali. Prendendo in considerazione i valori assoluti, emerge che l’India diventerà nel 2018 la quinta economia al mondo, superando Regno Unito e Francia. Tuttavia l'India, al di là di questi numeri impressionanti, resta un Paese molto povero. La crescita del Pil va, infatti, commisurata all'esplosione della crescita demografica: la popolazione ha raggiunto 1 miliardo e 300 milioni di persone. Questo spiega perché, prendendo in considerazione il Pil pro capite, il paese scende dalla 5° alla 144° posizione nella classifica mondiale.