Che la banana fornisca una grande quantità d’energia non è un mistero, in questo caso, però, parliamo della capacità di produrre elettricità. L’idea è arrivata anni fa a un giovane indiano, Gopal Jee, per compensare i continui cali di tensione e le interruzioni di fornitura elettrica.
Ci troviamo nel distretto di Bhagalpur, nei pressi di Bihar, una zona molto povera dell’India in cui può mancare la luce anche per dodici ore consecutive. L’input nasce da una macchia di succo di banana impossibile da togliere da una maglietta.
La resistenza dell’alone incuriosisce il ragazzo, allora diciasettenne, che inizia a voler testare la natura acida del succo di banana per produrre elettricità, esattamente come fa il fluido di una batteria.
Compra due elettrodi - uno di zinco e uno di rame - e li collega a due pezzi di steli di banana della misura di un piede ciascuno. La bioenergia contenuta nel gambo viene convertita in energia elettrica mediante gli elettrodi.
Il Banana Biocell è in grado di fornire 3 volt di energia, capaci di far illuminare una lampadina a led per circa 3 ore. Aggiungendo altri steli in sequenza si arriva a 12 volt e aumenta la durata della luce.
Con questa idea Gopal ha partecipato a un programma nazionale del dipartimento di Scienza e Tecnologia. A soli 20 anni è diventato direttore della ricerca e sviluppo di Navneet Industries.
Oggi, dopo aver conseguito la laurea in informatica, è entrato a far parte come scienziato capo della Pacfo Services Pvt Ltd. Ma per tutti Gopal Jee rimane Banana Boy, il più giovane ricercatore e innovatore indiano.