Il 30 settembre il Regno Unito ha chiuso la sua ultima centrale a carbone, diventando il primo paese del G7 a rinunciare a questo combustibile fossile per la produzione di elettricità.
Lo stop alla centrale di Ratcliffe-on-Soar, tra Derby e Nottingham, nel cuore dell’Inghilterra, costituisce un passo simbolico verso l’obiettivo del governo di decarbonizzare completamente la produzione di elettricità entro il 2030 e di azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050.
“La chiusura della centrale segna la fine di un’era, ma ne inaugura una nuova, che permetterà di creare posti di lavoro nel settore energetico”, sostiene in un comunicato il governo britannico.
La centrale di Ratcliffe-on-Soar, inaugurata nel 1967, sarà smantellata entro il 2030, ha precisato l’azienda tedesca Uniper, proprietaria dell’impianto, e al suo posto sarà creato “un polo tecnologico ed energetico a zero emissioni”.
Il carbone ha contribuito in modo determinante allo sviluppo economico del Regno Unito dall’ottocento agli anni novanta del novecento. Tanto che la prima centrale a carbone del mondo, ideata da Thomas Edison, fu inaugurata a Londra nel 1882.
Negli anni ottanta questo combustibile fossile estremamente inquinante forniva ancora quasi il 70% dell’elettricità del paese. La percentuale è poi scesa al 38% nel 2013, al 5% nel 2018 e all’1% nel 2023.
Questa riduzione è stata compensata in parte con il gas naturale, un combustibile fossile meno inquinante (rispetto al carbone) che nel 2023 ha fornito un terzo dell’elettricità. Un quarto dell’elettricità è stato invece originato dall’eolico e un 13% dal nucleare.