Il detto “fumi come un turco” va assolutamente rivisto e aggiornato. I più grandi fumatori al mondo, quelli con i polmoni devastati, si trovano in India. E lo sono, quasi indistintamente, tutti gli abitanti del subcontinente, anche i tanti che non hanno mai acceso una sigaretta. A parificare, drammaticamente in peggio, lo stato di salute degli apparati respiratori del miliardo e trecento milioni di indiani è l'inquinamento selvaggio delle grandi aree metropolitane e industrializzate del paese.
L'India ha superato la Cina quale nazione più inquinata (e inquinante) al mondo. Negli ultimi 10 anni il Dragone, infatti, ha messo in atto misure anti-smog che hanno prodotto effetti concreti. Pur mettendo a massimo regime la macchina produttiva e aumentando, quindi, spaventosamente l'utilizzo del carbone (+50%) e la produzione di energia elettrica (+100%) le emissioni nocive sono potentemente calate: dal 2007 -75%. E il numero dei morti a causa dell'inquinamento si è stabilizzato.
Una dinamica opposta rispetto a quella seguita in India, dove le emissioni negli ultimi 10 anni non sono diminuite né stabilizzate, ma esplose: +50%. E il numero dei morti direttamente attribuibili all'inquinamento è passato dai 737.000 del 1990 al milione e 100 mila del 2017. Queste sono le vittime, perché il numero dei malati e di chi avrà per sempre la vita menomata dal pazzesco smog delle metropoli indiane è incalcolabile. Anzi, a dire il vero è stato calcolato, ma in termini di incidenza sul pil. Secondo l'articolo di Project Syndicate, il danno causato da morti premature, assenze dal lavoro, sovracosti su sanità e welfare, ammonta all'1% del Pil per anno. Secondo uno studio della Banca Mondiale del 2013, il danno è peggiore: è l'8,55% in meno.
Ma perché c'è quest'aria irrespirabile? Prendiamo Nuova Delhi. A parte una conformazione orografica e atmosferica che favorisce il ristagno dei particolato c'è un insieme di concause comuni a tutto questo sterminato paese. Mega-centrali elettriche a carbone senza sistemi moderni di filtraggio, roghi di stoppie nelle campagne vicine, e poi milioni di braci e caldaie accese lungo le strade dai Chaiwallah, i venditori di tè. E sopratutto 10 milioni di automobili non proprio a basse emissioni. E quindi l'aria è una sorta di massa nebbiosa gonfia di particolato micidiale.
A Delhi, in una giornata di metà novembre 2018 il pm 2,5, il tipo di polvere sottile più pericolosa perché infinitesimale e in grado di raggiungere gli strati più profondi dei bronchi, è arrivato a 214 microgrammi per metro cubo. Un livello spaventoso. Per rendersi conto: in Italia il limite che farebbe scattare misure di blocco del traffico è di 25 mg (media annuale). A Roma, nello stesso giorno preso a riferimento per Delhi, il valore rilevato tra le 16 centraline attive, era ben lontano dai limiti, compreso tra 11 e 17 microgrammi. E sia fatta (relativa) giustizia anche alla Turchia, patria dei fumatori per antonomasia. Nella stessa giornata, l'abitante di Istanbul ha aspirato “solo” 50 mg circa di pm 2,5 per metro cubo.
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su LA STAMPA