L’India si appresta a toccare la cifra di 3000 contagi e 70 morti. Sono ancora cifre ‘basse’ se paragonate ad esempio all’Italia, ma a Mumbai, la capitale commerciale del Subcontinente, si registra il primo morto dello slum di Dharavi, uno dei ghetti per poveri e più densamente abitati del pianeta.
Qui quasi un milione di residenti condensati in poco più di 2 km quadrati di territorio, dove si raggiunge una densità abitativa dieci volte superiore a New York.
Ecco perché da Dharavi – che si trova a ridosso delle residenze dei ricchi, degli alberghi a cinque stelle e delle sedi di compagnie multinazionali - potrebbe iniziare la catena che tutti temono in un paese di 1,3 miliardi di persone e con un livello di povertà così alto da costringere la maggior parte delle persone a uscire per garantirsi il sostentamento minimo per andare avanti.
L’economia e l’agricoltura sono ferme, proprio quando nel paese inizia il periodo della raccolta, lavoro abitualmente affidato a milioni di migranti che si trasferiscono con le famiglie nei campi da stati anche lontani.
L’India non è la Cina. Non ha le risorse e un’organizzazione interna tali da poter fronteggiare un nemico di questa portata. Lo scenario non potrà dunque che peggiorare.