"Fuera Bayer-Monsanto de Chile" (Bayer-Monsanto fuori dal Cile) è scritto sui manifesti colorati e dipinti dai manifestanti per le strade della capitale del Cile. Santiago è una delle 30 città in tutto il mondo dove migliaia di manifestanti sono scesi in strada il 19 maggio in una "Marcia globale contro Monsanto", chiedendo lo stop all'uso di pesticidi tossici e semi geneticamente modificati in agricoltura.
Il Cile è già il principale esportatore di semi nell'emisfero australe e il quinto esportatore al mondo, secondo i dati dell'International Seed Federation (ISF). Il paese ha esportato semi per 338,5 milioni di dollari nel 2016-17 e un quinto è stato geneticamente modificato. Ecco perché il paese sudamericano è un importante sito industriale per Bayer, ma anche qui le voci critiche diventano sempre più forti. A sud di Santiago ci sono le due più grandi fabbriche di produzione di semi in Cile.
Nel settembre del 2018, poco dopo l'acquisizione di Monsanto da parte della società tedesca, Bayer Crop Science annunciò la modernizzazione del suo stabilimento a Viluco (a 50 km dalla capitale). È l'unica fabbrica di semi per ortaggi in Sud America e uno dei tre principali impianti del colosso in tutto il mondo. Il progetto, denominato "Demand Fulfillment", potrebbe aumentare la produzione del 20% e consentire al Cile di soddisfare il 70% della domanda di semi in America latina.
Ma i semi trasformati nello stabilimento di Viluco rappresentano solo una piccola parte della produzione totale. Molto più importanti sono i semi di mais, soia e colza trasformati in un'altra fabbrica situata nella comunità rurale di Paine, a pochi chilometri più a sud. La coltivazione di piante di colza geneticamente modificate è vietata nell'Ue. In Cile, tuttavia, è consentita a scopi di ricerca e per l’esportazione. Nella stagione 2017-18, circa 13.900 ettari nel paese sono stati coltivati con semi geneticamente modificati (56% mais, 27% colza e 17% soia).