
In Corea del Sud le cure post parto, sanhujori, prevedono una dieta che includa la miyeok guk, una zuppa di alghe e manzo ritenuta un toccasana fondamentale, e durano in genere 21 giorni, tanto serve al corpo di una donna per riprendersi, almeno secondo la tradizione.
Nel paese dove nascono meno bambini al mondo, le poche donne che partoriscono scelgono di trascorrere l’isolamento post parto in centri specializzati, i cosiddetti joriwon, nati alla metà degli anni novanta proprio per sopperire alla mancanza di assistenza familiare e negli anni sono diventati molto popolari.
Oggi otto sudcoreane su dieci dopo il parto si affidano a questi centri, alcuni dei quali offrono servizi da hotel di lusso. Sul tema ha scritto anche Lauretta Charlton, una giornalista della redazione di Seoul del New York Times, che dopo aver partorito ha trascorso due settimane in uno dei joriwon privati più esclusivi della capitale, per poi raccontarlo sul suo giornale.
Tutto questo costa molto (nella clinica più esclusiva di Gangnam, il quartiere posh di Seoul, si arriva a 26mila euro per due settimane), ma ci sono perennemente le liste d’attesa.
Chi non può permettersi di spendere tanto, prova a trovare un posto nei centri pubblici, gestiti dai governi locali, dove il costo medio è l’equivalente di 1.180 euro. Ce ne sono solo 19 in tutto il paese, dunque per aggiudicarsi un soggiorno lì le persone, in genere i futuri padri, fanno ore di fila, anche di notte.
I motivi per cui in Corea del Sud non si fanno figli non sono solo economici, e la spesa per l’assistenza post parto è solo la prima di una lista così lunga e onerosa da scoraggiare le giovani coppie.