È morto, all’età di 91 anni, Michail Gorbaciov, l’ultimo leader dell’Unione sovietica. E l’unico ad avere tentato di riformare quel sistema ma con una apertura, che per la portata delle proposte, avrebbe spiazzato l’Occidente.
In realtà Gorbaciov voleva ancora salvare l’idea di trasformazione socialista ma coniugandola alla democrazia, voleva la ‘glasnost’ e la ‘perestrojka’, una ventata di libertà e trasparenza per modificare dall’interno un regime chiuso, mettendo in discussione il ruolo del partito e della figura del segretario che non sarebbe dovuta essere più centrale rispetto alla società.
Gorbaciov propose il Congresso dei deputati del popolo, un organismo di nuova rappresentatività della società civile sovietica, riattivando una memoria critica antistalinista.
Sul piano internazionale avviò il ritiro dell’Armata rossa dall’Afghanistan; pose fine alla dottrina Brezhnev che prevedeva l’ingerenza armata dell’Urss nei Pesi satelliti; avanzò la proposta di una “Casa comune europea dall’Atlantico agli Urali” in una prospettiva di pace e di integrazione di popoli e sistemi; aprì lo spiraglio dell’unificazione della Germania, consapevole che il Muro di Berlino non poteva durare e infatti crollò nel 1989; ricevette l’assicurazione atlantica che la Nato mai si sarebbe allargata a est; trattò con il presidente Usa Ronald Reagan l’eliminazione totale delle armi strategiche nucleari.
Col senno di poi tanti detrattori dichiarano ora che questa trasformazione gorbacioviana era una pia illusione perché fallì. L’Urss, con l’avvio della decentralizzazione del potere, precipitò nella faglia dei nuovi nazionalismi.
Gorbaciov venne destituito nell’agosto del 1991 e fu “salvato” dal suo peggior nemico, Boris Eltsin, che rilanciò la mai tramontata centralità nazionalista della Russia dentro l’Unione sovietica morente. Un processo farsa di sostituzione, sponsorizzato dall’Occidente, che nel 1993 lo avrebbe portato a bombardare il parlamento russo voluto da Gorbaciov e ad avviare a fine anni ‘90 alla presidenza e alla leadership del Paese l’ex agente del Kgb, Vladimir Putin.
Un fallimento. Ma anche un’occasione persa dall’Unione sovietica e dal mondo intero, a partire dall’Europa. Perché a guardar bene il presente che ci circonda, senza spiragli di prospettiva e aperture, con il ritorno della Guerra fredda e dei conflitti armati nel cuore d’Europa, l’annichilimento dell’Europa senza ruolo e politica estera, l’allargamento provocatorio della Nato a est, quanto sarebbe stato meglio che la stagione visionaria di Gorbaciov vincesse e si trasformasse in realtà?