Il dibattito domestico inerente la tassa sugli extraprofitti bancari o sul contributo fiscale da parte delle banche (operazione che potrebbe fruttare, con un’aliquota rispettivamente pari all’1 o al 2%, circa 660 milioni di euro o 1,3 miliardi se applicata sugli ultimi due anni, 2022 e 2023) nasce da una realtà di fatto.
Negli ultimi due anni le banche italiane nel loro complesso hanno realizzato profitti lordi per 25.454 mln di euro nel 2022 e 40.643 nel 2023, per un totale di 66,097 mld.
Secondo uno studio di Unimpresa, la pressione fiscale è “paradisiaca” per le banche italiane. Nel 2023 il tax rate, cioè il rapporto tra tasse versate nelle casse dello Stato e profitti, è stato pari al 20,1%.
Lo scorso anno il fatturato complessivo del settore bancario tricolore è stato pari a 102,6 mld e, di questi, 62,1 mld sono legati al margine d’interesse cioè ai guadagni sui tassi legati ai prestiti alla clientela. Risultati, peraltro, allineati a quelli dell’anno precedente (2022).
In media, dal 2018 al 2023, le banche del nostro Paese hanno versato su base annua nelle casse del fisco 3,7 mld di tasse a fronte di 86,1 mld di fatturato e di 19,2 mld di utile. Un tax rate che è nettamente inferiore alla media italiana per aziende e lavoratori, stabilmente superiore al 42%.