Alla fine, la tassa sugli extraprofitti delle banche spuntata sotto il sole agostano sarà modificata per tenere insieme le pressioni degli stessi partiti che sostengono il governo Meloni. A cominciare da Forza Italia (visti gli interessi di Fininvest in Mediolanum).
L’imposta si calcola “applicando un’aliquota del 40 per cento sull’ammontare del margine di interessi” dell’esercizio 2023 “che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine” dell’esercizio 2021. Così è scritto in una bozza dell’emendamento alla tassa che il governo dovrebbe depositare a breve.
La versione precedente veniva calcolata in modo differente sul bilancio 2022 (eccedenza del 5 per cento) e su quello 2023 (eccedenza del 10 per cento). Inoltre, il tetto massimo dell’imposta sale da 0,1 a 0,26 per cento “dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale” (non più dunque il totale dell’attivo, una precisazione che serve ad escludere i titoli di Stato).
C’è però un’altra modifica che andrà ad aprire una possibile via di fuga dal tributo. Ed è la facoltà di prendere l’equivalente della tassa e destinarlo a riserva di patrimonio. In pratica, se la banca decide di mettere quei soldi in cascina, anziché remunerare gli azionisti, eviterà il conto col Fisco. Così recita l’emendamento: “La tassa portata a patrimonio sarà versata all’erario solo nel momento in cui quel patrimonio dovesse essere distribuito agli azionisti”.
Nonostante tali modifiche il governo punterebbe a mettere insieme una somma tra i 2,5 e i 2,7 miliardi. Una cifra che appare sovrastimata.